Drag King History: il primo sito a raccontare la storia del movimento Drag King nel mondo
Quest’intervista è stata realizzata nel 2019 e la sua versione integrale, completa di foto inedite, sarà pubblicata sul libro “The Queer Talks”, a cui stiamo lavorando, per restare aggiornatƏ iscriviti alla nostra newsletter cliccando qui
Iniziamo subito con una domanda non facile: chi è Robert? Raccontare chi sei è sicuramente più facile che provare a vederti da fuori.
Robert è un ragazzo cis gay di 21 anni nato in Romania, che all’età di un anno si è trasferito a Roma, dove vivevano i suoi genitori. Al momento, invece, vive a Milano, dove studia Fashion Design.
Mi fermo qui con la terza persona perché non fa per me. [Ride]. Studio Moda come una pazza, nel tempo libero faccio le Stories su Instagram. Sono sempre stato un creativo, e sono 21 anni che mi diverto ad ampliare il mio piccolo bagaglio cercando di imparare più cose possibili. Ho sempre amato stare in contatto con le persone e condividere momenti di gioia e di sfortune nel magico mondo di Internet, che per me, fin da subito, si è rivelato l’unico “vero” posto in cui potevo realmente esprimere ciò che sentivo e ciò che ero.
Quando e come ti sei reso conto di essere gay?
Non c’è stato un momento preciso in cui ho capito di essere gay, per me è sempre stato tutto naturale, fin da piccolo. La prima volta in cui ho capito che mi piaceva veramente un ragazzo, gli ho chiesto di uscire e ci siamo baciati. Era l’estate fra la terza media e il liceo, ed è stato il mio primo bacio.
Quindi non hai mai frequentato una ragazza durante il liceo?
No, mi è sempre stata molto chiara la mia identità sessuale. Nella mia adolescenza ci sono stati tanti baci con ragazze, ma sempre in amicizia o per divertimento. Sai, come succede alle feste, tra adolescenti.
Come hai vissuto la tua sessualità?
L’ho vissuta in modo molto particolare. Nel 2013, quando avevo 13 anni, il mio fidanzato di allora ed io pubblicammo innocentemente una foto su Facebook in cui ci baciavamo, e lo scatto diventò virale prima a Roma e poi nel resto del Paese. Il post ricevette centinaia di migliaia di like, condivisioni e commenti. La gente si sentiva libera di esprimere la sua opinione riguardo la foto, come se il loro pensiero fosse quello giusto, o meglio, l’unico accettabile. Il pubblico era letteralmente spaccato in due: alcune pagine condivisero la foto scrivendo: “Metti like se sei d’accordo o commenta se non lo sei”. Sembra surreale a raccontarlo, ma è andata proprio così.
Quella è stata la prima volta in cui hai fatto coming out?
Sì. Il mio coming out avvenne in questo modo. Le conseguenze sono state ovviamente terribili: ricevetti una sfilza di insulti omofobi, sia online che dal vivo, e capii fin da subito, nonostante i miei 13 anni, che dovevo imparare a difendermi da quelle parole così cariche di odio. Imparai a stare zitto fin da subito, mettendo le cuffiette con la musica per non ascoltare tutto quel rancore, e per riuscire ad andare avanti – e a testa alta – per la mia strada. L’indifferenza è stata per anni la mia migliore amica. Ho sofferto molto, ma ho avuto e continuo ad avere l’opportunità di aiutare persone che si sono trovate o che si trovano nella mia stessa situazione. E di questo non posso che andarne fiero.
La tua famiglia sa che sei gay?Come l'hanno presa e come la vivono?
La mia famiglia è venuta a sapere del mio orientamento sessuale perché una persona (ancora oggi non so chi sia) disse loro che mi aveva visto baciarmi con un ragazzo per strada. I miei genitori mi obbligarono quindi a fare outing, ed è stata un’esperienza molto brutta, perché non avrei mai voluto dirglielo in quel modo. Avrei voluto aspettare di essere pronto, avere il tempo di conoscermi un po’ di più. Ma purtroppo è andata così…
Inizialmente mio padre cercò di avere un dialogo con me, e fu molto comprensivo. Mia madre invece non voleva proprio parlarne, e per anni è stato così. Provavo chiaramente un malessere interiore, perché vedevo alcuni miei amici confidarsi con i genitori senza problemi, mentre io, quando tornavo a casa, trovavo un muro. Un muro che venne in parte demolito quando mi fidanzai in modo serio con un ragazzo, e obbligai la mia famiglia a conoscerlo e ad ospitarlo. Da quella volta non ci fu più alcun tipo di problema. La non accettazione da parte di mio padre e di mia madre era dovuta più alla non conoscenza che all’omofobia. Ma sapevo, ne ero certo, che con il tempo e con tanta pazienza, le cose sarebbero cambiate. E così è stato.
Con i parenti in Romania, invece, da quando ho fatto coming out, non è cambiato nulla da parte dei miei parenti, perché vige la regola del “tutti sanno, nessuno dice niente”, e per quanto mi riguarda a me sta bene così: io non devo dire nulla a nessuno, né tantomeno rendere conto delle mie scelte.
E i tuoi amici?
Tutti sanno che sono gay, anche se non ho mai davvero sentito la necessità di dirlo. Non appena mi fidanzai per la prima volta pubblicai una foto con il mio ragazzo sui social, come facevano tutti i ragazzini della mia età. Chi lo sapeva era perché l’aveva capito da solo, senza che lo spiegassi, e chi ancora non lo sapeva, lo ha capito dalla foto. Ma onestamente, che lo sapessero o meno, non mi interessava.
Qual è l'esperienza più discriminante che ti è capitata?
L’esperienza più discriminante che mi è capitata risale a quando avevo 14 o 15 anni. Una sera mi trovai accerchiato da dieci ragazzi. Iniziarono ad insultarmi, a prendermi in giro, ad avvicinarsi con prepotenza, a spingermi. Dieci contro uno. Per la prima e unica volta, pensai: “Spero di non finire in coma”. Fortuna volle che dopo un po’ arrivò una mia amica che conosceva quel gruppo, e venni salvato. Se non fosse arrivata lei non so come sarebbe finita, ma la sensazione che provai in quel momento non me la dimenticherò mai.
“Capii che dovevo imparare a difendermi da quelle parole omofobe e piene di odio"
La gente ti giudica ancora (amicizie, nello studio, nel lavoro) per il sesso della persona con cui vai a letto?
Al momento, e ormai da un po’ di tempo, fortunatamente, non ho più subìto pregiudizi sul mio orientamento sessuale. Ci sono state volte in cui sono volati insulti per strada, ed è stato terribile, ma mi limitavo a guardare quelle persone con aria schifata.
In un post su IG hai scritto tutte volte che sei stato giudicato fino ai 20 anni. Quant'è importante per te sapersi accettare? E quando hai iniziato ad accertarti davvero?
Io mi sono sempre accettato, semplicemente perché non ho nulla da dover accettare. L’accettare o meno la propria identità sessuale è dovuto al fatto che viviamo in questo determinato periodo storico, in una società in cui una persona con un orientamento sessuale “diverso” da quello standard viene ancora considerata “diversa”. Diversa da chi, poi? Continuo a chiederlo, non ho ancora capito da chi devo sentirmi diverso, onestamente. Credo che l’amore verso se stessi sia la pillola per vivere una vita serena. Ammettiamolo: l’unica cosa che ci sarà per tutta la vita siamo noi stessi. Io sarò "io" fino alla fine, per questo mi amo, e mi amo proprio così come sono. Che io sia eterosessuale, gay, transessuale, pansessuale, bisessuale, asessuale, poco importa: io sono e sarò sempre così.
LGBTQIA+ cosa vuole veramente dire? È ancora necessario, nel 2019?
Secondo me l’acronimo LGBTQIA+ serve ancora, perché altrimenti per la società non esisteremmo. Sarebbe tutto esattamente come 50 anni fa. È il nostro modo per definirci, per farci sentire e farci rispettare. Certo è che, se vivessimo in una società diversa, non sarebbe necessario . Purtroppo, però, la società in cui viviamo è questa, quindi in qualche modo dobbiamo anche adattarci.
Ti sei mai sentito solo nella città in cui sei cresciuto? Se sì, in che modo?
Ti dirò, non mi sono mai sentito solo nella mia città. Roma mi ha sempre dato l’opportunità di conoscere nuove persone ogni giorno, gente splendida con cui ho trascorso dei momenti bellissimi che non dimenticherò mai. Sono molto legato a Roma perché mi ha fatto vivere la mia adolescenza appieno, ogni luogo di questa città ha un posto speciale nel cuore, per via di momenti (ora ricordi) che mi ha regalato. Questo, ci tengo a precisarlo, anche perché rispetto ad altre città italiane la comunità LGBTQ+ è molto più integrata nella società, e abbiamo spazi e occasioni in cui sentirci al sicuro, come la gay street, le serate e gli eventi LGBTQ+, e il Pride, ogni anno sempre più pazzesco. Che dirti? Lì mi sono sempre sentito a casa.
Com’è invece la comunità LGBTQIA+ in Romania?
Purtroppo in Romania la comunità LGBTQ+ non viene proprio calcolata, come se non esistesse.
Molte delle persone appartenenti alle generazioni antecedenti a quella dei Millennials non sanno neanche cosa vuol dire “essere gay” o “far parte della comunità LGBTQ+”, anche a causa del regime della dittatura che c’è stato fino al 1989. Sicuramente sono stati fatti dei passi avanti da allora, ma la strada da fare, sfortunatamente, è ancora lunga
Nell'attuale società italiana, quali leggi e diritti cambieresti?
Non ho mai studiato giurisprudenza e non conosco bene le leggi italiane, ma credo ne manchino alcune davvero importanti: quelle contro l’omofobia, la transfobia, il bullismo omofobico e transfobico. Servirebbero anche leggi per il matrimonio tra persone dello stesso sesso, leggi per le adozioni da parte di coppie omosessuali, leggi per il servizio militare di tutta la comunità LGBTQ+. E ancora leggi per il genere non-binario (l’idendità di genere che identifica chi non si riconosce nel binarismo uomo/donna, ndr), leggi che proteggano le persone transessuali nel mondo del lavoro. Magari un giorno qualcuno leggerà quest’intervista e si sveglierà. Chi lo sa…
Se Roberto di oggi potesse parlare con Roberto di 5 anni fa, cosa gli direbbe? E al Roberto nel 2025?
Al Rob di 5 anni fa direi: “Amo’, bravo, goditi la vita, lo stai facendo bene”, e a quello del 2025: “Amo’, se non ti godi la vita mi incazzo”
Cos'è per te l'amore?
Per me l’amore è… il mio ragazzo ed i cani
Come ti vedi tra 10 anni?
Tra dieci anni spero di vedermi come Paris Hilton, ma se non sarà così, quantomeno vorrei essere sposato con il mio ragazzo, avere tre cani che ancora non ho e un lavoro pazzesco.
Intervista di Krizia Ribotta Giraudo