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Quest’intervista è stata realizzata nel 2020 ed è apparsa su GQ.it
Fashion designer e illustratore nato e cresciuto a Milano, appassionato di arte moderna e contemporanea fin da piccolo, Lorenzo Seghezzi ha sviluppato fin da subito un forte interesse per la moda, esprimendo ed omaggiando il suo essere membro attivo della comunità LGBTQI+ nelle sue collezioni.
Come ti sei avvicinato a questo mondo?
Da bambino ho scoperto di essere omosessuale, e ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia molto aperta, che fin dall’inizio ha accettato e rispettato il mio orientamento sessuale. Appena adolescente, poi, mi sono avvicinato al mondo queer.
Uno dei vantaggi di vivere a Milano è di poter essere più liberi: nonostante questo, quali sono state le prime paure che hanno avuto i tuoi genitori quando hanno saputo che eri gay?
Vedendo come va il mondo, diciamo che la loro è stata una paura obiettivamente giusta. Non ne hanno fatto un dramma, ma anzi, mi hanno sempre aiutato a rimanere lucido e consapevole di quello che avrei dovuto affrontare ogni giorno. Non mi hanno imposto limiti, mi hanno spronato e immagino continueranno a farlo. Sono dei genitori favolosi, che si avvicinano e sostengono il più possibile la comunità. In particolare mia mamma, che è molto attiva, ed è di grandissimo supporto.
Hai mai subìto episodi di bullismo o aggressioni?
Sì, e ce ne sono stati alcuni eclatanti, che però sono riuscito a non fare diventare traumatici. Senza poi contare che, dato il mio modo di apparire e la mia estetica, le micro-aggressioni verbali sono tuttora all’ordine del giorno. Ho avuto la fortuna/sfortuna di crescere in bilico tra una “duplice realtà”, vivendo in un paesino alle porte di Milano, ma trascorrendo la maggior parte del tempo nella città, e fin dai primi anni di liceo ho capito il binomio tra l’ignoranza paesana e l’apertura mentale della metropoli. Per questo mi sono sempre reso conto che i commenti delle persone, per quanto sgradevoli, non dovevano condizionarmi troppo, e ho avuto la forza di trarre degli insegnamenti e dei lati positivi anche da quelle che sembravano le situazioni più drammatiche.
Come mai questa scelta importante di dar voce alla comunità LGBTQI+ attraverso il tuo brand?
Ne faccio parte, e non scindo il mio essere con la mia professione. Sono fermamente convinto che il lavoro di ogni artista debba avere lo scopo di smuovere qualcosa a livello sociale, culturale e politico. La causa per cui mi batto tutti i giorni è quella di mettere in discussione, attraverso i miei capi, il modo tradizionale di vedere e vivere la mascolinità.
La mia collezione spring summer 2021, “Queer Asmarina”, trae ispirazione dall’estetica dei costumi tradizionali delle varie popolazioni del Corno d’Africa, e ne ricrea uno stile più contemporaneo, legato al carattere sovversivo del mondo queer. Il vestito perde la sua accezione tipicamente europea legata al mondo femminile e si avvale della neutralità che gode in moltissimi paesi africani. E pensare che in Eritrea (da cui “Asmarina”, che per decenni è stato il soprannome del quartiere di Porta Venezia a Milano, data l’influenza della cultura africana, ndr), l’omosessualità e il transgenderismo vengono, ancora oggi, puniti con la pena di morte.
A chi ti sei ispirato per il tuo brand?
Più che di approccio stilistico, si tratta di prese di posizione. “Queer Revolution”, la mia collezione spring summer 2020, si ispira a Pier Vittorio Tondelli, autore del Manifesto della Gioventù Italiana. Negli anni ’80, le sue suggestioni sono state alla base delle iniziative politiche e sociali della comunità queer, e hanno contribuito a diffondere in modo concreto il concetto di androginia e a proporre una nuova estetica totalmente slegata dal binarismo di genere.
Alcuni designer mi hanno indubbiamente influenzato, ma le mie linee, a livello concettuale, rispecchiano molto la mia persona, e derivano dalle mie esperienze, da quello che mi circonda e dalla realtà dei fatti. In altre parole: attraverso il mio brand racconto con orgoglio la comunità di cui sono fiero di essere membro.
Vivendo quotidianamente e in prima persona la comunità LGBTQI+ cosa pensi che manchi, di concreto, in Italia, rispetto anche ad altri Paesi in cui sei stato per lavoro?
Partiamo dalle basi, senza le quali è impensabile di cambiare la concezione binaria della nostra società: manca la corretta informazione, l’educazione civica. Non abbiamo ancora raggiunto, purtroppo, quell’apertura mentale tale da farci capire, e soprattutto accettare, che non si deve per forza essere uomo o donna, e che un uomo non deve necessariamente amare una donna e viceversa. Non siamo ancora in grado di prendere coscienza del fatto che certi sistemi rigidi e bigotti sono sbagliati, e che possono causare sofferenza ad alcune persone.
Ovviamente, poi, bisognerebbe concretizzare la legge contro l’omotransfobia, perché, paradossalmente, è facile a parole dire che si deve rispettare il prossimo e che determinati comportamenti irrispettosi devono cambiare, ma nell’effettivo, parliamoci chiaro, far approvare questa legge è tutta un’altra storia. E nel frattempo la gente continua a giudicarti, a etichettarti, e, purtroppo, anche ad aggredirti, o peggio.
A cosa credi siano dovute queste etichette?
La parte egemonica della società italiana, ha bisogno di specificare, fin da subito, se e quando una persona va considerata inferiore. Mi viene da pensare a tutte quelle volte che leggiamo “primario dell’ospedale donna”: dal nome della dottoressa, è già evidente che si tratti di una figura femminile, perché rimarcarlo? Si tratta di un allarme di diversità, per rendere la cosa più particolare, come se lo fosse effettivamente. Quasi come se si volesse a tutti i costi specificare che si tratta di una minoranza. Onestamente non credo di essere speciale perché sono omosessuale (ride, ndr), ma per altri motivi, decisamente più importanti e di maggior impatto.
Intervista a cura di Krizia Ribotta Giraudo
Pubblicata su GQ Italia il 29/12/2020
https://www.gqitalia.it/news/gallery/lorenzo-seghezzi-brand-queer-talks
Progetto e Foto di Clotilde Petrosino
Intervista di Krizia Ribotta Giraudo
Produzione e Styling Alessia Caliendo