Drag King History: il primo sito a raccontare la storia del movimento Drag King nel mondo
Quest’intervista è stata realizzata nel 2019 e la sua versione integrale, completa di foto inedite, sarà pubblicata sul libro “The Queer Talks”, a cui stiamo lavorando, per restare aggiornatƏ iscriviti alla nostra newsletter cliccando qui
Come ti chiami e da dove vieni?
Mi chiamo Francesco, ho 24 anni. Sono nato e cresciuto a Napoli e vivo a Milano.
Cosa fai nella vita?
Sto per laurearmi in Fashion Design, a Milano, al momento mi sto concentrando principalmente sui miei studi, per poter lavorare nel mio campo, in futuro.
Quando hai capito di essere gay?
Avevo 13/14 anni. In quel periodo non pensavo alla mia sessualità ero molto naive a riguardo. Ho frequentato qualche ragazza, durante le superiori, ma non è mai successo nulla con loro. Ho veramente accettato me stesso, quando ho iniziato l’università. Ad essere onesto, penso che ogni ragazzo della mia generazione abbia capito di essere gay guardando Troy Bolton in High School Musical.
Cosa hai provato per le ragazze che hai frequentato durante le superiori?
E’ difficile rispondere a questa domanda senza sembrare uno stronzo. Non voglio dire che non ho sentito nulla per loro, provavo affetto, ma più come per delle amiche. Crescere in una piccola cittadina del Sud Italia, è molto difficile. Le persone parlano alle tue spalle, girano voci e in men che non si dica, la gente sa cose di te, di cui nemmeno tu sei ancora consapevole. Non me la sento di dire che ho usato le ragazze con cui uscivo, come una copertura. Una parte di me voleva solo essere come tutti gli altri ragazzi, e quindi ho costretto me stesso a sentirmi a mio agio in situazioni che non erano giuste per me. Sai, può sembrare triste. Ma ciò che è realmente triste, per me, è che oggi ci sono ancora persone che sono più grandi di me e ancora tengono segreta la loro identità sessuale.
Ricordi la tua prima cotta per un ragazzo?
E’ strano, perché quando ero molto piccolo, non ho mai sentito alcuna attrazione per gli altri ragazzi, ricordo solo che ero molto amico di alcuni ragazzi e di aver desiderato di essere l’unico migliore amico. Non ero affatto geloso delle mie amiche, ma lo ero quando si trattava dei miei amici maschi. E’ alle superiori che ho avuto la mia prima vera cotta per un ragazzo che, poi, negli anni a seguire, è diventato una persona importante nella mia vita. Non scenderò nei dettagli, perché ci vorrebbero ore per scriverne. Quel che sento di dire è che eravamo ragazzini, e che i ragazzini commettono errori. Ma sono quelle scelte e quegli errori che mi hanno portato dove sono adesso e non potrei essere più felice.
Qual è stata la tua peggiore esperienza di discriminazione ad oggi?
Per un ragazzo gay, crescere in una città come la mia è stato difficile, specialmente durante la mia adolescenza. Oggi, i ragazzi e le ragazze vivono la loro sessualità più apertamente. Hanno i gruppi whatsapp, Instagram, non si nascondono e non gli importa se le persone lo scoprono. Non sono stato aggredito o bullizzato ma ho subito insulti da persone ignoranti e ciò mi ha ferito. Non ricordo alcun episodio violento, forse sono stato fortunato. Ora che sono adulto, non ci penso più di tanto, ma resto vigile perché so che potrebbe sempre succedere.
La tua famiglia sa che sei gay? Cosa ne pensano?
Si, lo sanno. Anche altri miei parenti ne sono a conoscenza. Penso di essere stato abbastanza fortunato da avere una famiglia che mi ama e mi supporta in ogni momento della mia vita. Abbiamo sicuramente passato dei momenti difficili, l’accettazione è arrivata con il tempo e la consapevolezza, ma almeno sanno che essere gay non cambia chi sono e ciò che farò nella mia vita. Hanno fiducia in me e nelle mie capacità.
"Ho avuto la mia prima relazione e il mio primo gruppo di amici “queer” durante le superiori e ciò mi ha fatto capire di far parte di una comunità più grande"
Hai parlato di accettazione di sè: come sei riuscito ad arrivarci e cosa ti ha aiutato di più? C’è qualcosa che trovi ancora difficile da accettare in te stesso?
Penso che sia arrivato a questo punto, crescendo. Penso di essere stato abbastanza fortunato ad incontrare le persone giuste al momento giusto. Ho avuto la mia prima relazione e il mio primo gruppo di amici “queer” durante le superiori e ciò mi ha fatto capire di far parte di una comunità più grande. Quando ho finito le superiori, ho iniziato a guidare e ad andare più spesso in centro, a Napoli, ogni fine settimana. Non penso di essere perfetto, ma mi sento a mio agio con me stesso. Inoltre sono consapevole che, lavorando su quegli aspetti di noi stessi che non ci piacciono, possiamo diventare chiunque vogliamo.
Ci sono amici a cui non l’hai detto?
Non sono sicuro di aver fatto coming out con tutti i miei amici, in passato, ma penso che non ce ne sia realmente bisogno. Sono molto selettivo nelle amicizie e se qualcuno non sa che sono gay non è perché sto provando a nasconderlo ma piuttosto perchè non lo considero come un amico.
Cosa cambieresti nella nostra società e cosa pensi che sia necessario fare per cambiarlo?
Onestamente non penso che cambierà mai. Forse può diventare un po’ migliore, magari la legge potrà garantire più diritti, ma la cattiveria è sempre dietro l’angolo. Quando si tratta di proteggere le minoranze soggette a discriminazione, non c’è nessuna legge da applicare.
Hai vissuto in due città diverse. Milano e Napoli. Hai notato delle differenze tra le due? Dove hai trovato più libertà e meno discriminazione?
Sono molto addolorato dal fatto che continui a trovare molto pregiudizio nella mia città natale. Così come continuo a trovare tanta ipocrisia a Milano. Nel primo caso, l’ignoranza e la chiusura mentale sono sicuramente le cause principali dietro un sacco di atti di odio e violenza. Qui a Milano, le persone sono sicuramente più aperte e tolleranti, le possibilità di avere una vita migliore sono cento volte maggiori, dato che c’è una grande varietà di persone che ci vive. Nonostante ciò, dato che la maggior parte della nostra community è composta da creativi, direi che sono disposti a chiudere un’occhio perché hanno bisogno di noi e amano ciò che creiamo.
Hai detto che tieni sempre gli occhi aperti, perché potrebbe sempre succedere qualcosa di brutto, hai più paura a Milano o a Napoli?
Le persone cattive sono ovunque. Ma sicuramente a Napoli ho più paura. Milano è solo un po’ inquietante di notte.
Quali sono i diritti e le leggi che vorresti che cambiassero? E perché pensi che infondo le cose non cambieranno mai? Pensi che le cose possano migliorare? Non pensi che se ognuno di noi fa qualcosa, possiamo migliorare la situazione?
Quando si tratta di leggi e diritti, sono veramente ignorante, ma penso che anche se il sistema (le leggi) migliora, non andremo molto lontano. Milano è diversa, sì, ma è sempre in Italia. E’ un paese così bello, ma la maggior parte dei suoi abitanti è bigotta e retrograda. Sinceramente, penso che le persone saranno sempre spaventate dalla diversità. Anche se si vive nel paese più al passo coi tempi, con le persone più pacifiche al mondo, si possono verificare atti di violenza, quando meno te l’aspetti.
Ti sei mai sentito solo, nella tua città, vedendo che le persone hanno una mentalità così chiusa? Come pensi che questo abbia condizionato la tua crescita?
Mi sono sentito solo, perchè non conoscevo nessuno che stesse vivendo quel che vivevo io, non avevo nessuno con cui parlarne. Non ho mai legato con gli altri ragazzi della mia scuola, perché ero spaventato dalla loro reazione se avessero scoperto qualcosa di me, di cui non ero nemmeno sicuro, all’epoca. Quando ho iniziato l’università, tutto è cambiato. Non mi nascondevo più. Vivere nella mia città, per me ha significato, fare più tardi, rispetto ai miei coetanei, alcune esperienze, ma mi ha anche permesso di costruirmi una corazza, rendendomi più forte
Cosa puoi raccontarci della comunità LGBTQ+ di Napoli? Ci sono associazioni o luogi in cui ci si può sentire più al sicuro o rappresentati e supportati? E a Milano?
Mi sentivo al sicuro in alcune piazze in cui un sacco di persone queer si incontravano, durante i weekend. Ci si sedeva a terra, mangiando junk food e fumando sigarette, giocando e bevendo per ore. Non era niente di speciale, ma almeno lo facevo con persone come me o che apprezzavano la nostra compagnia. Adesso è normale nella mia vita. Ma prima non lo era per niente. Riguardo alle associazioni non ne sono certo, non ho mai provato a cercarne una, ma penso sicuramente che per chi è gay, a Milano, la vita sia più semplice, soprattutto per i più giovani.
Se avessi la possibilità di parlare al bambino che eri, cosa ti piacerebbe dirgli?
Sai, a volte vorrei davvero avere la possibilità di potergli dire che non fa niente se non gli piace giocare a calcio con i suoi compagni, o se le persone sono scortesi con lui, o se lo prendono in giro per il suo modo di parlare e di comportarsi quando è arrabbiato. Gli direi che, crescendo, dovrà essere forte, perché alcune persone se ne andranno, e altre che ama profondamente si ammaleranno e moriranno. Ma è tutto okay, perché è così che va la vita e deve prendere il meglio di ogni secondo trascorso con loro. Gli direi di essere gentile, ma al contempo fiero. Gli direi di essere sicuro di se stesso, del suo aspetto e delle sue capacità, ma al contempo umile, perché c’è sempre tempo per crescere e per imparare dai propri errori. E’ ok, va bene se gli piacciono lo smalto e il suono dei tacchi di sua madre, mentre cammina, se gli piace ballare e disegnare. E se odia guardare lo sport in tv. Ma più di tutto, gli direi che le persone lo deluderanno e gli spezzeranno il cuore, molte volte, ma ciò non vuol dire che deve nascondersi, perché la vita non ha senso senza donare e senza amare. Gli direi che non ha niente di cui preoccuparsi, perché avrà un sacco di amici splendidi e la sua famiglia sarà lì, per lui sempre, e che troverà qualcuno il cui amore porterà gioia e luce nel suo splendido futuro.
Intervista di Clotilde Petrosino
Proofreading di Verdiana Nobile
"Al bambino che ero direi: va bene se ti piace lo smalto"