Quest'intervista è stata realizzata a Giguno del 2023 e sarà disponibile in versione integrale sul libro "The Queer Talks" di futura pubblicazione
Foto di ©Clotilde Petrosino
Parlaci di te:
Mi chiamo Marta, ho 25 anni e sono un Drag King.
Quali sono i tuoi pronomi?
Nella vita di tutti i giorni She/her, He/him quando sono nei panni di Louis.
All’interno della comunità LGBTQIA+ e anche fuori, le persone lesbiche sono invisibilizzate? Quale pensi sia il motivo?
Non ho una vera e propria risposta. Penso sicuramente che, vivendo in una società prevalentemente maschilista, in cui anche dentro la comunità lgbtqia+, comunque la visibilità maggiore è data all’uomo gay cis; a prescindere dal fatto che facciamo tuttǝ parte della stessa famiglia. Anche quando una persona omofoba parla di persone queer, fa riferimento sempre a due uomini che si baciano se deve fare un esempio. Due uomini che si baciano, sembra che diano più fastidio di due donne che si baciano. Probabilmente perché, anche in questo, siamo invisibili. E’ come se per la società, due donne che si baciano avessero un valore minore, rispetto a quello che possono avere due uomini che si baciano.
Essendo appassionata di cinema, posso ritenermi abbastanza informata sulla filmografia lgbt+ . La quantità di film sulle donne lesbiche è minima e la rappresentazione è molto stereotipata. Ci sono pochissimi film che raccontano bene un amore femminile e, che, soprattutto, abbiano come registe delle donne lesbiche, che penso sia uno degli aspetti più importanti.
A tal proposito, quasi tutta la filmografia della regista francese Céline Sciamma affronta tematiche LGBTQIA+, in particolare, tra i miei film preferiti ci sono “Naissance des pieuvres” e “Ritratto della giovane in fiamme (Portrait de la jeune fille en feu).
Di cosa ti occupi?
Sono laureata in Media Design e Arti Multimediali, lavoro come videomaker e aspiro a diventare una regista e sceneggiatrice cinematografica.
Come nasce la tua passione per il mondo Drag?
Nasce quando ero più piccola, avevo circa 15/16 anni e d'estate uscivo a Cagliari, al Poetto, dove tuttora c'è un locale queer che organizza quasi tutti i giorni performance di Drag Queen. Negli anni sono sempre andata il più possibile e così mi sono innamorata dell'arte drag.
Vedevo le Queen sul palco e pensavo che su quel palco ci sarei voluta stare anche io, ma avendo avuto per tutta la mia vita un conflitto interiore con la mia femminilità, pensavo che non avrei mai potuto vestire quei panni.
Chi è Louis Vacth e quando è nato?
Potrei dire che è nato il 30 luglio del 1998 con me, ma ci ha messo molto più tempo a diventare reale. Louis è l'altra metà di me. Qualche anno fa ho scoperto che esistevano i Drag King, conoscevo solo le queen e per me il mondo drag era quello e basta. Così col tempo mi sono disegnata la prima barba con una matita per occhi, comprato la prima lana per fare i baffi, trucchi e i vestiti. Il nome non ho neanche avuto bisogno di cercarlo, era già là.
In generale, penso che l’arte Drag non stia in questi binarismi, l’ho capito tardi perché comunque lo vedevo come un limite. E’ un peccato, perché anche nel mondo Drag c’è una narrazione sbagliata. Nella cultura comune fare Drag è essere una Drag Queen, ma non è assolutamente così; c’è tutto un mondo dietro. L’arte Drag non è femminilità, è libertà di espressione a 360°. Nel 2022 ho iniziato a frequentare i laboratori teatrali del Kollettivo Drag King a Milano, contesto in cui ho conosciuto Matt con il quale poi ho creato il nostro Duo King.
I Drag King in Italia sono pochi, e poco conosciuti, cosa ne pensi?
Sì, siamo pochi ma non così pochi come si pensa. Forse è più corretto dire che siamo invisibili.
Un po’ come le lesbiche (ndr. ride). Un uomo, con indosso una parrucca e dei vestiti paillettati, attira molto di più l’attenzione rispetto ad una donna con degli abiti meno appariscenti. Spesso le performance di alcune Drag Queen tendono ad essere pensate per un pubblico maschile, in cui si ironizza sulla sfera sessuale del mondo gay, sul pene e questo, indubbiamente, attira più uomini gay. Anche nella scena Drag, però non c’è una rappresentazione per lesbiche. Un Drag King da molto fastidio agli uomini. Ad esempio, dopo una performance, un uomo ci ha fatto i complimenti e ci ha detto che non si era mai reso conto di quanto gli uomini sembrassero ridicoli, dall’esterno.
Lo considero un complimento, ci siamo riusciti! Altre volte mi è stato detto “Ah ma noi uomini non siamo davvero così”, questo mi ha fatto capire che una performance Drag King smuove qualcosa negli uomini. Li porta a vedersi dall’esterno. Finché non si va ad uno spettacolo King, nessuno si rende conto di quanto possano essere ridicoli. Ovviamente, “not all men”, non si sa mai! (ndr esclama ridendo)
Invece le Drag Queen nell’esagerare la femminilità, non danno fastidio alle donne. Almeno, non ho mai sentito una donna lamentarsi di una performance Queen, o comunque è molto raro.
E’ facile fare Drag in italia, come drag King? Quali sono e quali sono state le tue esperienze?
No, assolutamente no. Non è facile e ho tanta difficoltà ad inserirmi in un mondo di Queen.
In Italia non ci sono serate solo King. Ma anche in serate con una maggioranza di Drag Queen è sempre raro trovare King.
A volte mi è stata chiusa la porta in faccia, anche se la competizione tra King è quasi del tutto assente. perché, la difficoltà sta nel doversi relazionare ed emergere in un contesto di Queen anche molto brave. Il Drag King viene considerato sempre un’incognita rispetto alla reazione del pubblico.
Foto di ©Clotilde Petrosino
"In Italia non ci sono serate solo King. Ma anche in serate con una maggioranza di Drag Queen è sempre raro trovare King. "
Come senti il tuo rapporto con il pubblico quando ti esibisci? Ci sono state delle esperienze che vuoi raccontare?
Dipende. Ad esempio una volta mi sono esibito in una serata non queer. Era la prima volta che il pubblico vedeva uno spettacolo King. Al primo pezzo ho percepito un po’ di distacco da parte del pubblico e di disagio della serie “ Aiuto, cosa sto guardando?”.
Lo stesso pubblico, dopo la seconda esibizione nella stessa serata, ci ha acclamati, come se avesse avuto bisogno del tempo di metabolizzare e capire cosa stavamo portando. E abbiamo ricevuto anche moltissimi complimenti.
In altre occasioni abbiamo trovato un pubblico super contento. In generale, la cosa che soffro di più nel rapporto col pubblico è quando non mi riconoscono come uomo. Spesso durante delle performance usano il pronome femminile nei miei confronti. Succede veramente molto spesso, e non credo che questa cosa succeda con le Queen.
Considerando la situazione politica attuale in Italia, pensi che come comunità LGBTQIA+ riusciremo a fare altri passi avanti?
Penso che faremo dei passi avanti. Ma, ho anche paura di ritrovarci, da un momento all’altro, non 20, non 30, ma 60 anni indietro. Penso che la politica si stia muovendo quasi un po’ di nascosto, attaccando piccole realtà, per cercare di cambiarle. Noi possiamo fare lo stesso. Come ad esempio stiamo facendo con il linguaggio. Stiamo cercando di cambiarlo, spiegando e informando anche persone esterne alla comunità LGBTQIA+.
Come Drag King e come persona che lavora nel campo della comunicazione, pensi che ci sia spazio per te? Si possono cambiare le cose? Come?
Per anni mi sono sentita rifiutata sia come donna regista che come donna videomaker. Perché sono ruoli che, socialmente sono sempre stati concepiti come maschili. Nonostante ce ne siano di donne che lo fanno, ma sono comunque ancora troppo poche. Alcune volte, ho ricevuto dei rifiuti perché ho i capelli blu. Mi è stato detto che erano ruoli troppo istituzionali e non potevo averli colorati. Una volta era per ricoprire il ruolo, in televisione, come segretaria di edizione e una volta per una cena istituzionale. Ho i capelli blu da 8 anni ed è stato molto importante per me, trovare la mia identità estetica. La prima volta che li ho fatti avevo 17 anni e, per la prima volta, mi sono guardata allo specchio e mi sono detta “eccomi, sono io”. Quindi no, non cambio i miei capelli per qualcuno che dice che non sono abbastanza decorosi. E’ surreale.
C’è posto per me e c’è posto per tuttə, bisogna solo avere pazienza e non pensare di non essere abbastanza bravə o preparatə.
Intervista di Clotilde Petrosino
Proofreading e traduzione di Bartolomeo Goffo