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Quest’intervista è stata realizzata a Novembre 2025 e la sua versione integrale, completa di foto inedite, sarà pubblicata sul libro “The Queer Talks”, a cui stiamo lavorando, per restare aggiornatƏ iscriviti alla nostra newsletter cliccando qui

Ritratto Atleta Valentina Petrillo

Valentina Petrillo © Photo by Clodoveo Clotilde Petrosino all rights reserved

Valentina Petrillo mi accoglie alla Stazione di Bologna raggiante, energica e con dei bellissimi pantaloni fucsia, uno dei miei colori preferiti.
Durante il viaggio da Milano, ho pensato tutto il tempo alla nostra prima telefonata, a fine giugno 2025. Ho contattato Valentina quest'estate, nonostante avessi il desiderio di ritrarla e raccontarla da quando, nel 2023, mi è apparso il suo profilo Instagram, tra quelli suggeriti: una sua foto, in mano la medaglia di bronzo delle Paralimpiadi. Ho provato un’emozione indescrivibile.
Quando ci siamo finalmente sentite al telefono e ho scoperto il suo accento “di giù”, si è creata una connessione particolare. Ci siamo confrontate su temi importanti, riguardo all’essere persone trans*, ai diritti, allo sport, alla rappresentazione. Alcuni mesi dopo, finalmente ci siamo incontrate. Domenica 16 novembre, sono arrivato a Bologna, in una giornata piovosa e grigia, ma il sole, noi lo avevamo dentro. Abbiamo avuto una serie di colpi di fortuna e non abbiamo beccato la pioggia.

“Era il periodo de Il tempo delle mele e anch’io sognavo che qualcuno mi prendesse alle spalle e mi mettesse le cuffie per farmi ascoltare una canzone d’amore, come succede a Vic nel film. Non sapevo ancora se quel qualcuno dovesse essere un uomo o una donna. Non avevo neanche quattordici anni e già collezionavo domande[…] Ma nella mia vita stava per succedere qualcosa che avrebbe messo in secondo piano tutto il resto[…]” (p.35, Più veloce del tempo di Valentina Petrillo)

In quest’intervista di Enea Venegoni, Valentina ci racconta di sé, della sua carriera e delle sue passioni e dei suoi valori.

Quando e come è nata la passione per l’atletica?

La mia passione per l'atletica nasce esattamente il 28 luglio del 1980 quando vidi Pietro Mennea vincere l'oro nei 200m alle Olimpiadi di Mosca. Lì iniziai a coltivare il mio sogno. Volevo emularlo.

C’è stato un momento in cui hai sentito chiaramente che correre non era solo una passione, ma anche un modo per affermare te stessa?

Si, certo. Arrivare a partecipare alle Paralimpiadi di Parigi, vedere l'affetto delle persone intorno a me, mi ha regalato questa condizione che considero di enorme privilegio. Lo sport e quello che ho fatto mi hanno permesso di non essere accostata ai soliti pregiudizi di cui purtroppo, ancora oggi, sono vittime le persone transgender, ed in particolare le donne transgender.

Quanto e come lo sport ti ha aiutata nel processo di transizione di genere?

Lo sport è stato sempre fondamentale nella mia vita. Prima, quando sono diventata ipovedente a 14 anni, e, successivamente, quando ho iniziato la transizione, mi ha aiutata a superare evidenti cali di forma dovuti alla terapia ormonale.

In te vivono diverse identità, come si intersecano e come si risolvono nello sport?

Apparentemente potrebbe sembrare difficile far convivere molteplici identità ma per me sono la normalità. Vivo serenamente questa condizione ed anzi ne faccio tesoro: mi sento unica così come ognuno di noi lo è, in fondo.

Puoi raccontarci quali sono ancora le difficoltà al giorno d’oggi per atleti con varie forme di disabilità per poter esercitare la loro passione portiva? 

Purtroppo le difficoltà, sia oggettive che cognitive, esistono e le strutture, gli addetti ai lavori nonché le normative vigenti spesso non aiutano a superarle. Devo però constatare una sottile (ma sostanziale) differenza laddove ci si rapporti ad una persona disabile piuttosto che transgender. Nel primo caso ho sempre trovato una maggiore comprensione e volontà di adoperarsi al meglio mentre, nel secondo caso, ho riscontrato sempre una maggiore chiusura. La mia impressione è che si tenda a pensare, erroneamente, che essere disabile sia una sfortunata condizione mentre essere transgender sia una scelta personale, qualcosa di cui si potrebbe anche fare a meno.

Per sfatare il mito che ci si sveglia la mattina e si decide di competere per una categoria o per l’altra: puoi spiegarci l’iter che hai dovuto seguire per poter correre nella giusta categoria alle paralimpiadi

Il percorso non fu affatto semplice. Presentai formale istanza alle due federazioni di riferimento (FISPES per il mondo paralimpico e FIDAL per il mondo senza disabilità) nel 2019, all'indomani dell'inizio della terapia ormonale e della mia decisione di non correre più nella categoria maschile. A quei tempi le normative convergevano con la sola differenza che dovevo dimostrare di avere un valore di testosterone di 10 nanomoli per la FISPES e di 5 nanomoli per la FIDAL. Questo è rimasto valido solo per la FISPES mentre per la FIDAL oggi purtroppo non posso più gareggiare. Per questo motivo ho potuto partecipare alle Paralimpiadi.

Valentina Petrillo Atleta Bandiera Italia foto di Clodoveo Clotilde Petrosino

Valentina Petrillo © Photo by Clodoveo Clotilde Petrosino all rights reserved

"Vivo serenamente questa condizione ed anzi ne faccio tesoro: mi sento unica così come ognuno di noi lo è, in fondo."

Secondo te le categorie di genere nello sport servono ancora o preferiresti un futuro senza divisioni?

Credo che le attuali differenze prestazionali tra uomo e donna non riflettono il reale divario esistente fra le categorie. Partendo dal presupposto che le donne vivono ancora tutt'oggi condizioni sociali. culturali ed economiche di sfavore rispetto all'uomo e che si assiste sempre più ad un assottigliamento del gap prestazionale fra i due sessi, bisogna dare tempo alle donne e soprattutto gli stessi diritti di cui godono gli uomini. Oggi è ancora impensabile abbattere le categorie attualmente esistenti ma un giorno, forse, verrà naturale, quando ad es. ci saranno sempre più donne che competono ai livelli di un uomo.

Cosa ti auguri per il futuro dello sport e cosa vorresti dire aә giovanә atletә di oggi?

Mi auguro che lo sport possa diventare davvero un luogo accogliente per tutt+, qualsiasi sia la propria identità. Alle giovani atlete voglio dire di credere sempre in se stesse e di non permettere mai a nessuno di infrangere i sogni che ognuno di noi custodisce nel cassetto.

Introduzione a cura di Clodoveo Clotilde Petrosino

Intervista di Enea Venegoni

Foto e progetto di Clodoveo Clotilde Petrosino

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